E’ morto ieri mattina all’ospedale di Piombino (Livorno) Aldo Agroppi, ex calciatore e allenatore che aveva 80 anni. Da calciatore aveva iniziato a giocare nelle giovanili della squadra della propria città natìa (Piombino) per poi indossare le maglie di Torino, Genoa, Ternana, Potenza e Perugia collezionando anche 5 presenze in Nazionale. Poi ha iniziato la carriera da allenatore finita nel 1993 alla guida della Fiorentina, in seguito divenne un apprezzato opinionista televisivo. Il nostro direttore Andrea Nocini lo intervistò nel lontano dicembre del 2005. Vi riproponiamo in suo ricordo la bella intervista pubblicata sul nostro portale.
Aldo Agroppi: “Non sono un servo del potere!”
Ve lo anticipiamo subito: non è stata una intervista come le altre. Nessun timore reverenziale, stavolta, nessun momento crepuscolare: se, con i due precedenti ospiti, il nostro direttore aveva optato per un’azione più accorta e in punta di piedi, basata su un progressivo avvicinamento all’interlocutore, il nostro ospite ha invece un atteggiamento del tutto differente. Stiamo parlando di Aldo Agroppi, famosissimo opinionista sportivo, le cui gesta sono legate soprattutto al suo passato da giocatore del Torino e da allenatore. Ci accorgiamo subito, già dal primo botta e risposta tra i due, che l’ospite di questa puntata è, come lui stesso si considera, un personaggio a dir poco “scomodo” per i media. Ecco perché, dicevamo, il nostro direttore sembra essersi preparato più ad un duello a colpi di sciabola e fioretto piuttosto che alla suddetta manovra di avvicinamento dettata da cautela e conformismo. Non a caso, in questa intervista ci si dà del “tu”, in tutti i sensi. E, poi, scusate, provate a immaginare cosa vien fuori da un incontro-scontro tra il carattere sanguigno, permaloso e passionale di un romagnolo come Nocini e quello burbero, anarchico, anticonformista e impertinente di un toscano come Agroppi… Se, poi, ultimamente, il “toscanaccio” in questione è anche ostracizzato dalle Tv nazionali, ecco spiegata la gran voglia di Agroppi di sputare le “sue” verità. Naturalmente, a modo suo.
“Vogliamo anche presentare il tuo libro, “A gamba tesa. Frustate e qualche carezza”, edito da Eco Sport” – introduce il nostro direttore, suggerendo già, nel nome del libro stesso, una efficace presentazione del personaggio – “Esempio di correttezza da giocatore (tranne contro “Lacrima” Rivera), spavaldo e tagliente come uno spietato picconatore da opinionista…” – prosegue, passando la palla ad Agroppi. “Da calciatore” – inizia, con tutta la simpatia e la spregiudicatezza della sua parlata toscana – “ho messo in atto le mie prerogative: la tecnica non era eccelsa e ho dovuto fare in modo di arrabattarmi sotto l’aspetto fisico, del temperamento, della determinazione… Rivera era il mio bersaglio preferito” – solo un piccolo assaggio della pepatissima sincerità agroppiana – “era il giocatore italiano migliore in assoluto, e su di lui giocavo le mie partite più importanti. Per quanto riguarda l’opinionista-picconatore, non sono polemico, ma sincero: dico sempre quello che penso, non per convenienza, ma per convinzione. Non mi rivedo in quegli opinionisti scontati, banali, servi del potere e delle proprietà: mi dissocio da loro. Non so se sono migliore, ma diverso senz’altro.” Un assist, quello fornito dal suo ospite, che Nocini non può non raccogliere, per rigirarlo al mittente. Gettando benzina sul fuoco: “Sei opinionista di una tv privata a Livorno e di una a Firenze, hai collaborato per anni con il “Corriere dello Sport – Stadio”, sei stato a RAI2 e RAI3… Perché, adesso, non sei più nel giro di questi grandi potenti?” “Semplice” – il toscano non aspettava altro. Eccolo, il succo dell’Agroppi-pensiero, in tutta la sua nerboruta e disarmante sincerità – “perché le proprietà non mi chiamano… e fanno bene! Chiamandomi, si mettono in casa un problema, un pericolo continuo, una mina vagante, perché io parlo in maniera molto libera: se dico delle verità scomode, fanno piacere al tifoso, all’ascoltatore, ma non alle proprietà, che vogliono avere una vita tranquilla. Se faccio la televisione, la voglio fare a modo mio: non posso nascondere delle verità, non posso parlare a bassa voce. Però, capisco che, quando chiamo in causa personaggi di grande rilievo del nostro calcio, di grande potere, questi facciano poi valere le loro lamentele verso la proprietà, che di lamentele non ne vuole avere.” – Zero compromessi, insomma. D’altronde, secondo Agroppi, la dimostrazione è sotto gli occhi di tutti, ogni giorno: “E’ giusto, quindi” – conclude, rassegnato di fronte ad una realtà, quella televisiva, da cui non si sente rappresentato – “che i vari enti, privati e non, si mettano in casa opinionisti banali, scontati, insignificanti, che non diano mai noia a nessuno, che non creino problemi. Vivono tranquilli, e fanno vivere tranquilli.” Il nostro direttore cambia argomento, ma, con un ospite così, sembra proprio divertirsi a seminar zizzania: “Le tue entrate a gamba tesa, da cartellino rosso, contro Marcello Lippi. Un dispetto lui te lo ha fatto, anzi, due…” “Sì” – ammette, con tono solo apparentemente smorzato – “è una cosa di molti anni fa, troppo lunga da spiegare… Non è un soggetto che io amo particolarmente, anzi” – gli ricomincia a bollire il sangue nelle vene – “se vogliamo essere sinceri fino in fondo, lo detesto! Non ho con lui nessun rapporto di amicizia, né di simpatia, né professionale… Lui vive la sua vita, io la mia.
L’ ho scancellato da molto tempo dalla mia agendina e dalle mie amicizie, per cui vivo bene lo stesso, come naturalmente vive bene lui senza la mia amicizia. D’altra parte, non si può amare tutti!” Nocini insiste: si è accorto di aver toccato un nervo scoperto e, invece di sfiorarlo con cautela, prende la rincorsa e ci salta sopra a piè pari: “E poi” – ricorda – “c’è quel famoso gol che lui ti ha preso proprio sulla linea, e che un arbitro di Cormons ti ha negato…” “Beh, lui non c’entra niente” – inaspettata clemenza o risparmio di cartucce? – “ha fatto solo il suo dovere! Era dentro la porta, ha respinto, la palla è entrata. Il gol era valido, probabilmente voleva dire scudetto per il Torino. Barbaresco di Cormons mi annullò quel gol perché lo segnai io!” – come volevasi dimostrare. Il bersaglio, stavolta, è un altro. A raffica, allora – “fece un misfatto, un vero scempio calcistico, pur sapendo che il pallone era entrato. Però, in corsa per lo scudetto, anche quell’anno c’era la Juve, e quindi è tutto molto più comprensibile.” Non risulta difficile intuire la popolarità di cui gode Agroppi presso i tifosi italiani: il suo coraggioso alzare la voce contro il potere(e i suoi servitori)deve aver contribuito a far emergere, nella coscienza collettiva degli sportivi di tutto il Paese, un’immagine di Agroppi quale sorta di “paladino” contro le presunte ingiustizie nel campionato italiano. Una specie di “Braveheart” del calcio nostrano, dunque, in difesa degli oppressi dai potenti. Comprensibilmente, però, tutto questo sfrenato fervore dialettico deve avergli attirato, insieme alle simpatie, anche tante inimicizie. Aldo Agroppi, da estremista del pensiero qual è, non ti permette di stare nel mezzo, ti costringe a schierarti: o lo adori, o lo detesti. Della schiera dei primi, come ricorda Nocini ponendo la domanda successiva, fa parte il direttore di “Libero”: “Il destrorso Vittorio Feltri, nostro ospite domenica scorsa, ha invocato recentemente un ritorno in panchina dell’anarchico e sinistrorso Aldo Agroppi…” “Sì” – conferma – “lo ha detto anche tempo fa, sul giornale, sollecitando un mio rientro. Ma io ormai la scelta l’ ho fatta, e con coerenza la porto avanti. Ho detto basta nel ’93 e mantengo fede a quella promessa. Ho valutato tutto serenamente: non era più il caso di insistere a fare l’allenatore, non c’erano più le qualità per farlo. Quando perdi tranquillità ed equilibrio psicologico, quando il peso quotidiano ti annienta, lo stress, la tensione, l’attesa di una gara, non dormi più la notte… bisogna ritirarsi, a malincuore, ma è doveroso farlo.” Altro assist. Il nostro direttore, come sempre, è ben preparato sul suo ospite: “Tantissime le tue notti insonni, come dichiari nel tuo libro: me lo sono sciroppato in 4 ore e 15 minuti…” “Ti è piaciuto?” – interviene Agroppi, incuriosito – “Da impazzire” – ribatte il direttore – “A me piace il personaggio Agroppi, figuriamoci quando scrive!” A proposito di adorazione o avversione. Ma procediamo. “Chi ti manca di più, oggi, nel calcio? Scommetto Vujadin Boskov…” “Boskov, oltre ad essere un uomo di calcio, è un uomo di vita.” – conferma Agroppi. Altro gol di Nocini – “E’ un nomade, ha girato moltissimo. E’ un saggio, un simpatico, e ci manca la sua persona, le sue battute, il suo modo di sdrammatizzare la professione… Senza dubbio, Boskov è stato un grande!” Altra pagina: “Che domanda faresti a Boniperti, visto che Alessandro Del Piero lo ha raggiunto?” Agroppi minimizza: “A Boniperti direi di star tranquillo” – come sempre, la “sua” verità è un’altra – “perché il record non è stato battuto. La cosa non è comparabile: Del Piero ha giocato 40 gare in più in Coppa Campioni, a quei tempi invece era diverso, giocavi solo una partita andata e ritorno a eliminazione diretta… Sì, ha segnato gli stessi gol, ma Boniperti ha giocato molto meno. C’erano anche meno manifestazioni. Per me il miglior realizzatore in assoluto è ancora Boniperti, se andiamo a vedere di fatto la media-gol.”
Bella domandina scottante, di quelle che piacciono tanto ad Agroppi: “La scomunica più pesante che hai ricevuto come opinionista?” “Ho sempre ricevuto consensi” – prepara il terreno – “soprattutto dalla parte più importante, cioè il pubblico: il tifoso, oggi, mi riconosce per strada, sollecita il mio rientro, mi dice che lo divertivo…questo, per me, è il consenso più bello. Scomuniche non ne ho avute, ufficialmente, anche se poi, in realtà, sono stato scomunicato perché da tanti anni non lavoro più in RAI, Mediaset, Sky…ma questo è normale, come ho detto, è giusto che sia così. Io, se fossi proprietario di una televisione, Agroppi non lo prenderei mai! Mi creerebbe problemi!”
“Marzo 1972, il tuo giorno memorabile come calciatore…” – è lo spunto successivo del direttore. “Era un derby-scudetto” – ricorda – “Segnai il gol della vittoria. Alla fine di quella partita presi la macchina e andai a Milano, in ospedale, perché il mio babbo stava morendo. Quel gol è stato il penultimo regalo che ho fatto al mio babbo, perché poi ho esordito in Nazionale e lui morì dopo quella partita…” Alla fine, nel bene o nel male, tutti gli ospiti nociniani aprono il loro cuore a chi li sta ascoltando. “Sono stati questi gli ultimi due regali” -continua Agroppi – “il gol alla Juve e l’esordio in Nazionale. Poi, perdemmo lo scudetto per un punto, perché quel gol di Genova pesò molto, così come pesò quello annullato al 90° a Toschi del Torino contro il Milan…due scempi bell’e buoni commessi da Barbaresco e Toselli, guarda caso entrambi di Cormons… Barbaresco è un ottimo vino, ma un pessimo arbitro!” Il nostro direttore, poi, punta i riflettori sul tema dell’educazione: “Tu hai allenato anche la scuola-calcio” – premette – “Oggi ci sono sempre meno bambini allo stadio…” “E’ giusto” – decreta Agroppi, severo – “Lo stadio oggi è un luogo di perdizione, dove c’è violenza fisica, nel linguaggio, negli atteggiamenti. Inoltre, gli stadi italiani oggi sono fatiscenti, lo spettacolo tecnico è modesto, i prezzi altissimi…chi me lo fa fare di andare allo stadio? Io non ci vado da una vita, e se avessi figli piccoli non li porterei. Sono diventati ormai luoghi di perdizione, dove si raduna la feccia, il peggio della nostra gioventù.” Analisi rispettabilissima, anche se forse, secondo la nostra opinione, un po’ sbrigativa e generalizzante: personalmente, crediamo ancora nella buona fede della maggioranza degli sportivi italiani, pur di fronte all’oggettiva imbecillità di violenti e facinorosi che, ben lungi dall’essere definibili “tifosi”, fanno notizia anche se rappresentano un’esigua minoranza di pubblico. Ci sembra più catastrofico che realistico, insomma, fare di ogni erba un fascio. Ma, non ci stupiamo per l’estremo pessimismo dell’ospite di R.C.S.. Lo abbiamo detto in precedenza: per Aldo Agroppi, la virtù non sta mai nel mezzo.
“”Tutti scrivono libri, oggi”, dicesti in un’intervista a “Radio Grande Sport” due anni fa, “dai tassisti ai benzinai”. Però, adesso lo hai fatto anche tu!” Provoca Nocini: se Aldo Agroppi entra “a gamba tesa”, il nostro direttore di certo non resta a guardare. Anzi, l’intervista si trasforma, a poco a poco, in una grande azione piena di tackle, dove nessuno dei due tira indietro la gamba. “Beh” – sbotta l’opinionista, divertito dal pizzicotto – “ma io l’ ho scritto sul serio! Di mio pugno, da solo! Quando vedo libri scritti da certi calciatori” – quanto gli piace non tenere la lingua tra i denti – “ho dubbi, anzi, son certo che non l’ hanno scritto loro! Loro hanno solo parlato, poi, il libro è stato scritto da altri! Il mio l’ ho scritto io, ma è nato per caso, né per arricchirmi, né per ambizioni intellettuali o letterarie come quelle di chi, come Vespa o altri personaggi importanti, mette su una collana. E’ stato un giornalista, Gino Bacci, a sollecitarmi a scrivere le mie esperienze. L’ho fatto, in questi 75 capitoli, dove c’è un po’ di tutto: molti son divertenti, altri struggenti, altri polemici…”
A proposito di polemiche, Nocini ne suggerisce un’altra: “Un tuo grande dolore, non avere allenato il Toro, o quasi… Diciamo così perché Moggi e Nizzola ti presero per il naso, scegliendo Radice… “. “Peggio per loro!” – obiettivo centrato – “Quando mi convocarono, ero convinto di aver acquisito il Torino perché c’era stata una stretta di mano, che per me vale più di un contratto notarile (che invece non c’era stato)… Invece, dopo tre giorni mi chiamò Moggi, dicendomi che il Torino era passato a Radice. Un dispiacere, perché io credo nella parola degli uomini, o perlomeno nella mia. Purtroppo, non fu mantenuta: un grande dolore per me, ma per loro una sconfitta clamorosa.”
Una volta tanto, poi, una domanda “positiva”: “A chi devi dire grazie?” “Al mi’ babbo” – risponde Agroppi. Basta rimbrotti, solo tanta riconoscenza – “mi ha sempre spinto, invogliato, ha sempre vigilato su di me, con grande disciplina. Ho apprezzato questo suo accanimento, non mi concedeva niente: dovevo sempre riposare, non potevo avere gli svaghi degli altri giovani(la sigaretta, la discoteca, le fidanzate…) Dovevo pensare solo a diventare calciatore, lui me l’ ha inculcato finché sono arrivato in alto, e non perché Madre Natura mi avesse dato grandi mezzi tecnici, ma mi aveva dato un babbo giusto, grande volontà, intelligenza e spirito di sacrificio.” Ma non è tutto: “Devo dire grazie anche a Lido Vieri, ex grande portiere del Toro, di Piombino come me, e al dottor Lievore, che mi portarono a Torino; e poi al parroco, il caro don Francesco, che mi ha sposato, ha battezzato i miei figli e, purtroppo, non c’è più. Ma, fu molto importante la sua guida, la sua presenza quotidiana, quando arrivai a Torino giovincello ed era facile perdersi tra le tentazioni della città…”
“Dalla tua Piombino incantata” – chiede poi Nocini, senza nascondere l’invidia – “da dove vedi nelle albe estive, la Corsica, l’Elba, Montecristo… Come vedi il Chievo e l’ Hellas Verona?”
“Il Chievo è un esempio da seguire” – risponde, quasi ricambiando l’invidia – “per tutti i grandi presidenti che scialacquano ogni anno fior di miliardi. Insegna come si conduce una società, con poche spese e ottimi risultati. C’è un direttore sportivo che dovrebbe insegnare a tutti gli altri come si lavora, come si risparmia e si mette su una squadra competitiva. Complimenti a Sartori e al presidente, che continuano a sfornare non dico miracoli, perché nel calcio non esistono, ma la loro competenza e razionalità. Il Chievo è una borgata, nessuno si offenda, ma lì si fa il calcio come lo dovrebbero fare le grandi società.” E l’ Hellas? “Purtroppo, credo stia ancora pagando quella clamorosa retrocessione con Malesani, non ancora assorbita… E poi vive, purtroppo, un rapporto conflittuale col presidente Pastorello, e quando non c’è il legame affettivo tra la tifoseria e la proprietà diventa tutto molto difficile…”
“”Vorrei essere Dino Zoff”” – Nocini cita il suo ospite – “”Potrei conoscere la virtù del silenzio e avere così meno guai…”” “E’ vero!” – conferma – “Per me è sempre l’ora dell’accelerata, della polemica, voglio sempre dire le mie verità a voce alta… E, invece, qualche volta, mi sarebbe piaciuto, mi piacerebbe avere l’equilibrio di Dino Zoff. Non “essere” Dino Zoff, così è troppo! Sono un eccesso io in un verso, e lui in un altro! Ma, qualche volta, saper stare in silenzio mi avrebbe creato meno problemi!”
Altra citazione: “”I presidenti sono come i cazzotti: ce ne sono di tutti i tipi!”” “Sì” – torniamo a parlare di potere. Ma, stavolta, Agroppi depone l’ascia di guerra – “ce ne sono di tutte le portate! Ne ho conosciuti moltissimi, ma a tutti devo riconoscenza e gratitudine perché mi hanno dato da lavorare e da guadagnare. Ho sempre difeso il mio spazio, rispondendo per le rime a quelli che volevano intervenire. Con molti ho avuto anche un rapporto affettivo, di dialogo sereno, con altri meno, ma alla fine tutto mi ha arricchito e li ringrazio tutti.”
“Baggio e Gattuso: il primo è stato anche tuo allievo alla Fiorentina, il secondo è il tuo idolo moderno. Mentre il tuo idolo di sempre era Sivori: iniziavi anche a giocare coi calzettoni rovesciati sulle caviglie…” “Da ragazzino” – ricorda l’ospite – “i miei idoli erano Sivori nel calcio, Mina ed Elvis Presley nella musica leggera… Sì, cercai di imitare Sivori, ma era uno scarabocchio: ben presto mi tirai su i calzettoni e sentii meno responsabilità. Più lo imitavo e più mi accorgevo di sbagliare, quindi, ho cambiato subito direzione, ben sapendo che il mio sarebbe stato più un calcio alla Gattuso… Tant’è vero che, oggi, Gattuso lo apprezzo proprio perché ha fatto molta gavetta, guadagnandosi spazi importanti giorno dopo giorno, pur senza grandi qualità tecniche: mi rivedo in lui, dato che, come me, è più un servitore che un servito. Io servivo Moschino, Claudio Sala ed altri giocatori di grande caratura tecnica. C’è gente che apprezzo perché arriva al successo non per grazia ricevuta, ma per qualità intellettive che, nel calciatore, sono sempre meno riscontrabili.” Il nostro direttore chiede, poi, al suo ospite radiofonico se la sua vita è sempre stata in attacco, dato che “un toscano non indietreggia mai”: “Sì, io non freno mai!” – prevedibile – “Si nasce incendiari e si muore pompieri. Io, per ora, sono ancora incendiario!” ed anche di questo, crediamo, se ne erano accorti tutti! Nocini prosegue sugli stessi binari: “L’espulsione più cocente?” “Non sono mai stato espulso” – imprevedibile – “Son stato squalificato per 8 giornate da allenatore del Perugia. Ma, da calciatore ho preso solo una giornata, che l’arbitro Pieroni di Roma mi ha comminato in maniera vergognosa, scandalosa: lui sa bene perché l’ha fatto, e spero se ne sia pentito, perché fu un’espulsione su ordinazione, dato che la settimana dopo giocavamo con la Juve.” La polemica è una morbida poltrona sulla quale Aldo Agroppi si sente perfettamente a suo agio. Il nostro direttore, grazie all’ennesimo spunto in tale direzione, invita lo scalpitante ospite ad accomodarvisi ancora una volta: “Il più grande abbaglio di Berlusconi: Daniel Borghi, il quale poi fruttò il tuo esonero dal Como…” “Beh, ancor più di Borghi” – invito accettato – “fu responsabile lo stesso Berlusconi, che lo aveva preso dall’Argentina e parcheggiato al Como, dove io allenavo… Tutte le volte che c’era un problema, Borghi andava ad Arcore a piangere da lui, che gli comprava macchine, orologi d’oro, buoni-benzina…era tutto un regalare. Questo ragazzo aveva mezzi tecnici, ma non poteva fare il calciatore in Italia (tant’è che si perse subito, anche dopo il mio esonero dal Como): è stata una scommessa persa da Berlusconi, come lui stesso riconobbe quando lo incontrai a Roma, durante i Mondiali.” Ed ora, una classica domanda nociniana: “Aldo Agroppi, ironico, scanzonato, polemico, irriguardoso, ha detto: ”la vita è solo un giochetto, un ballo in maschera”. Ma quando il ballo è finito, e Agroppi ripone la maschera, che Agroppi scopri? Noi, dopo aver letto il libro, un’idea ce la siamo fatta: soddisfatto di se stesso, ma sempre inquieto…” “Sì, sì, è vero!” – esulta pure, direttore! – “Tutto ciò che ho fatto è stato fatto con cognizione di causa. Ma, soprattutto quando allenavo, era come un ballo in maschera. Mi domando come ho fatto a fare per 10 anni l’allenatore perché, al di là della faccia goliardica, irriguardosa e polemica, c’è una sensibilità d’animo nascosta, che molti non conoscono, e che spesso ho dovuto gestire con me stesso. Allenare è difficile: le tensioni, l’ansia, le pressioni quotidiane mi annientavano, perciò, dovevo nascondere in qualche modo questa mia fragilità, e, quindi, vivevo con una maschera. Ma, Aldo Agroppi è un altro, che ha dei sentimenti profondi, e che non tutti conoscono.” Giù il cappello, signori, di fronte a questa over-dose di sincerità. Nocini prosegue con le domande personali: “La depressione è stata il tuo avversario più duro da combattere. Siamo figli del destino o nelle mani del Creatore?” “La depressione” – afferma, con orgoglio – “mi ha colpito profondamente. Fortunatamente, l’ ho combattuta e vinta. E’ una malattia, un male oscuro e tremendo che ti attacca e non sai perché… Per cui io vorrei sollecitare i malati ad aver fiducia, perché si può guarire. Non bisogna vergognarsi di denunciarla, è una malattia come le altre e si deve cercare aiuto nei farmaci e nel prossimo. Così ho fatto, e ne sono uscito.
E poi il destino… credo che ognuno di noi sia predestinato, dal nostro Signore o da chissà chi… Fatto sta che ci credo: molti episodi della mia vita, e non solo, mi fanno pensare che non siamo noi a dirigere la nostra persona: il nostro futuro non dipende dalla nostra volontà, ma, da un qualcosa molto sopra di noi, già scritto.” Anche in questo caso, naturalmente, si può concordare come dissentire(personalmente, non vorremmo credere ad una visione così fatalista della vita, tale da ridurci a burattini del destino che si dannano l’anima inutilmente ignorando che niente, nella nostra esistenza, dipende da noi)ma, ancora una volta, bisogna dare atto all’opinionista di avere un’idea ben precisa sulla propria vita. Il nostro direttore, poi, ricordando l’infanzia povera del suo ospite, gli chiede se(o, forse, gli dice che)”si può esser ricchi pur non essendolo, magari giocando a carte al bar con gli amici…” Agroppi concorda in pieno: “Vero!” – sobbalza – “Proprio dove andrò ora, finita l’intervista! A giocare una partitella a carte, coi miei amici, sotto i pini…” Il nostro direttore incalza: “Più forte a scopa, tresette o briscola?” “A tresette!” risponde Agroppi, decisissimo. Ma, Nocini stuzzica ancora, dando il via allo scoppiettante botta e risposta di questo divertente finale di intervista: “Con me avresti un avversario forte a briscola!” “A me la briscola non piace molto” – ribatte l’ospite. Il direttore si avvìa ai saluti conclusivi e ricorda il libro di Agroppi, ma viene bruscamente interrotto: “Ma, l’hai letto tutto davvero?” – la domanda, infondatamente incredula. “Mettimi tu alla prova!” lancia la sfida Nocini – ma chi è il vero “bischero”, tra i due? – Agroppi, però, non ha nemmeno il tempo di mettere a fuoco: “Vuoi che ti metta io alla prova, un’altra volta, dopo aver recitato Agroppi “dal basso in Aldo”? Agroppi, “l’anti-galoppino di corte”(e io aggiungo: il tribuno della plebe, l’anti-servitore di corte), non è mai sceso, nella sua vita, a qualche compromesso, che non piace ai toscani?” “Difatti, il mio vanto” – riorganizza le difese, dopo l’assalto nociniano – “è di aver vissuto una vita senza inchini e senza compromessi. Ho vissuto senza ritegno, e continuerò a farlo!” Il nostro direttore riparte, più aggressivo che mai: “Ti dico che ho letto il libro e ti metto in difficoltà, ti saluto con un bel tunnel, che fa sempre bene!” ma viene ancora una volta interrotto: “L’importante è che tu l’abbia letto e ti sia piaciuto” “Mi è piaciuto da morire” -ripete Nocini. Agroppi è soddisfatto: “Il libro è andato bene” – commenta – “ho dovuto fare anche la ristampa. Mette a nudo a 360 gradi tutti i miei sentimenti, il mio carattere, le mie polemiche… Mi è piaciuto molto più del primo.” Ma il nostro direttore è un osso duro, non si fa fuorviare: “Il tunnel che ti volevo fare” – riprende – “era che dovresti dire grazie, mi sembra, anche a Claudio Nassi, che ti ha aiutato a tornare al Toro per perorare la causa con Mondino Fabbri, e tu avevi bisogno di vivere, avevi bambini piccoli. “Anche i cazzotti in campo”, hai detto, “facevano parte del mio companatico”…” “Certo, devo ringraziarlo!” – ammette Agroppi – “Eh, bischeraccio!” lo bacchetta Nocini di nuovo. Più a gamba tesa di così… “Claudio Nassi” – prosegue l’ex granata – “fu importante perché fu lui a spingermi a perorare la mia causa (non volevo ritornare a Potenza, in B) all’allora mister del Torino, Fabbri. Avevo già moglie e figli, ma non avevo una lira in tasca, e mi sembrava uno sgarbo non andare a Torino dopo un ottimo campionato a Potenza. Non era facile per un ragazzino presentarsi e dire “voglio venire in ritiro perché me lo merito!” Nassi mi diede l’impulso per andare a farlo, e Fabbri, dopo aver sentito le mie ragioni, mi arruolò dicendomi che mi avrebbero ceduto se non fossi stato all’altezza. Invece, da lì iniziò la mia avventura al Torino, dove son rimasto per 11 anni.”
L’ultimo spunto del nostro direttore mira ancora a suggerire il simpatico paradosso del canzonatore canzonato. In più, nel saluto finale, Nocini scioglie anche un po’ di zucchero: “Io non sono di Cormons, però, un bel cartellino giallo te lo sventolo lo stesso… un tunnel te l’ ho fatto! Aldo, ti ringraziamo…tu mi hai detto: “Dio punisce o premia”, anche se io son convinto più della seconda ipotesi…” “Questo è un dilemma” – sospira l’ospite, covando però l’ultima sana, genuina, irresistibile bischerata – “Dio ci ha dato tutto, ma non l’immortalità… poteva pensare anche a quella! Ma, forse, sarebbe stato troppo!” Alla fine, anche un perenne insoddisfatto come il grande opinionista toscano ha dovuto arrendersi: “quelle” verità sono un po’ troppo irraggiungibili. Anche per lui. “Dio” cala il sipario Nocini “ci ha fatto conoscere, io e te, Aldo. Chiamalo niente!”
Luca Corradi per www.pianeta-calcio.it (9 dicembre 2005, ore 22.05)