sabato, 23 Novembre 2024

Oggi

Patryk Parol, l'”Ibra polacco” vuole rilanciarsi a Oppeano

La prima cosa che ti colpisce di lui, appena lo vedi arrivare al campo per affrontare gli allenamenti individuali nell’A.C. Oppeano, è la sua altezza: 193 cm, da vichingo delle famose saghe scandinave. E’ un aitante gigante polacco, armonioso nella sua struttura muscolare-scheletrica. Il Paese che gli ha dato i natali si chiama Swiebodzice, quella che i tedeschi paragonano a una piccola Friburgo, cittadina nel voivodato della Bassa Slesia; che conta circa 23 mila anime. E’ tranquillo, Patryk, quasi taciturno: sembra avere il sangue freddo dei guerrieri di lassù. Già, quelli che Giulio Cesare nel “De bello gallico” descriveva invincibili e forti, perché nuotavano nei laghi ghiacciati ed erano capaci di resistere, oltre al freddo, anche alla fame, cibandosi anche di sole erbe e di sole radici dei campi. A volte – lo abbiamo scoperto in alcune sue foto di calciatore – porta i baffi e lo fa sembrare, con tutto il massimo rispetto per l’asso bianco-nero – a Zibì Boniek, il “bello di notte” della Juventus, quello che fece dire all’Avvocato Gianni Agnelli “sai che solo voi e i finlandesi affrontavate i carri armati tedeschi a cavallo, convinti di sbaragliare i panzer”. Non sarà famoso, certo, come Zibì, ma lui che deve riscuotere molti crediti con la dea bendata, poco sorridente fino ad ora nei suoi confronti, a voglia di rimettersi in gioco, tanto che sembra sprizzare da tutti i pori; anche dalle braccia tatuate, che terminano con le falangi della mano con su riportato il suo nome: “Mi piacciono i tatuaggi: fosse per me, ne avrei molti di più!”.

Oggi, Patryk è cresciuto: il tempo si sa è galantuomo, fa maturare tutti, e lui, dalla compagna il prossimo maggio si aspetta un bel bebè. Una carriera, la sua, incredibilmente frastagliata, ricamata da alti e bassi: un elettrocardiogramma con le frequenze che vanno su e giù come le montagne russe, curve che s’impennano e che poi desolatamente, beffardamente disegnano la parabola contraria. Non ci è mai capitato di riempire due fogli di appunti di una punta della sola classe 1996, e che ha già vissuto migliaia di aneddoti incredibilmente contrastanti: dalle giovanili trascorse nel Chievo – fino alla Primavera – ai 4 anni di contratto con il Novara, poi, l’esperienza nella serie C spagnola, nell’Eldense, il 13 a 0 subito dal Barça, quindi, il Bellinzona, in Svizzera. Poi, la serie D con il Villafranca dell’amico Filippo Pellacani, di mister Alberto Facci e del diggì Mauro Cannoletta, le due reti firmate in pochi minuti di gioco e in due gare diverse (contro i bergamaschi del Pontisola e quelli del Caravaggio), il San Lazzaro (Eccellenza Mantovana), una mezza dozzina di gare nella Pol. Caselle, quindi – è storia di quest’estate – nuovamente l’Eccellenza – mai decollata – con il San Martino-Speme di Alessandro Sabaini, la Belfiorese (richiesto dal diesse Mirko Cucchetto), quindi, è storia di questi ultimi giorni, l’approdo all’ACD Oppeano del presidente Luca Agnolin e operazione conclusa dal diesse Roberto Vesentini.

Una carriera spericolata, la definirebbe il grande Vasco Rossi, la tua, Patryk… “E’ vero, me ne sono capitate davvero tutti i colori. Fortuna, fino adesso, non posso dire di averne avuta. Ora a Oppeano voglio rilanciarmi perché fino ad ora non ho mai potuto esprimermi ai miei livelli, sfruttando le mie potenzialità”. Che sembrano enormi, da una clip girata da Germano Zerbetto ai tempi in cui il “Gigante polacco” militava nel Villafranca: palla difesa con l’enome struttura fisica dall’assalto del difensore e conclusione in rete. “Sono nato a Swiebodzice, nel Sud della Polonia: mia mamma aveva solo 18 anni quando mi ha messo al mondo, mio padre, invece, se ne è andato a Chicago quando avevo solo 10 anni per farsi un’altra vita, un’altra famiglia, lasciandomi con mio fratellino Kamil, e in pratica, sono stato allevato dalla nonna Danuta. Il calcio, da piccolo, in Polonia, l’ho potuto praticare a Scuola, nel club del paese – Walbrzych – allora in serie D”.

Poi, l’arrivo in Italia, precisamente a Verona, e l’ingresso nel PGS Concordia Borgo Milano del presidente Marco Giavoni: “Mia madre voleva iscrivermi nel Paluani Lyfe, io, invece, testardo, ho rifiutato, preferendo i bianco-viola borgo-milanesi. L’anno dopo, per meriti acquisiti, mi ha voluto il Chievo, dove ho svolto tutte le giovanili fino alla Primavera, giocando con Victor Da Silva, Troiani e Gatto. Ma, mister Lorenzo D’anna non mi vedeva ed si è conclusa lì la mia parentesi con i “giallo-blu della Diga””. Patryk riceve diversi corteggiamenti: “Mi volevano contemporaneamente la Berretti del Mantova, il Vigasio e una serie B polacca: all’ultimo giorno del calcio-mercato, mi chiama Fioretta e mi propone il Novara, allora in C, e 4 anni di contratto. Non potevo rifiutare una proposta così ghiotta, e sono partito dalla Berretti piemontese. Ma, qui inizia la sfortuna: il Novara mi cede a titolo di prestito al Vigor Lamezia, serie C calabrese, ma rimango solo una settimana perché la squadra viene retrocessa per vicende legate alle scommesse. Torno a Novara, mi alleno mezza stagione, senza giocare”.

Quindi, l’esperienza in Spagna…” Mi convoca l’Eldense, serie C della Segunda Bee, ovvero la nostra Serie C: colleziono 4 presenze, in quanto mi ritrovo in un’altra vicenda di calcio scommesse, arrivato al suo culmine dopo il 13 a 0 subito dal Barça, dove la polizia ha fatto un blitz terminata la partita facendo scattare le manette al presidente e ad alcuni giocatori che avevano accettato di giocare la partita truccata”. L’ennesimo ritorno al club di appartenenza, visti i 4 anni di legame, ovvero al Novara: “Era il Novara di Galabinov, di Evaquo, di Gonzales in attacco: difficile fare le scarpe a gente di quel calibro. E, allora, passo al Bellinzona, in serie C svizzera, e contemporaneamente alloggio a Cirimondo, versante del Comasco. E, lì, stressato dell’andare avanti e indietro e deluso, decido di riavvicinarmi a Verona, e scelgo il Villafranca”. Con gli “azulgrana delle sfogliatine”, poco minutaggio, anche se significativo: “In tutto, ho giocato 170 minuti, ma ho avuto la soddisfazione di segnare due reti nei pochi spiccioli concessimi nei rispettivi incontri in cui sono stato impiegato da mister Alberto Facci: gol del 2 a 2 definitivo, al 90° minuto, contro il Caravaggio, Pontisola, e gol, ahimè, inutile dell’1 a 2, ma dopo solo pochi minuti, contro l’altra bergamasca, il Pontisola”. Il “Giramondo polacco” – si potrebbe chiamarlo anche così, a sto punto! – viene ingaggiato dal San Lazzaro, scuderia virgiliana militante in Eccellenza: “Non gioco molto anche perché a metà febbraio è scoppiato il Coronavirus. Quando arrivò la “peste”, io non facevo più parte del team mantovano”.

Infine – ed è storia di questi giorni – la preparazione con il San Martino-Speme costruito illusoriamente da Alessandro Sabaini, e il trasferimento a Belfiore, richiesto dal diesse, il dr Mirko Cucchetto: “Mi hanno subito detto che avrei dovuto fare il vice di Emilio Brunazzi, ma, io voglioso solo di giocare, di trovare la mia continuità, di fare una buona volta per tutte, minutaggio, e di rilanciarmi, non me la sono sentita di restare a Belfiore. E, qualche settimana fa ho optato per l’Oppeano, società, anche questa, ambiziosa”. “E’ un giocatore dal fisico immenso, un Ibra del nostro calcio”: così ce lo descrive il diesse virtussino Matteo Corradini, il quale confida ancora nelle sue qualità, visto che, forse, fino adesso, non ha mai potuto esprimere in pieno tutta la sua vera potenza, tutto il suo talento. E, nel calcio, come nella vita, mai dire mai!Ah, un particolare curioso: alla domanda qual è la tua squadra del cuore, Patryk ha risposto in maniera diretta, senza cioè pensarci su due volte, “Ibrahimovic, l’Eterno”. Mi hanno già rivolto altri tuoi colleghi questa domanda, e io ho sempre risposto così, “Ibra”, e basta!”

Andrea Nocini per www.pianeta-calcio.it

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