Ieri 18 giugno nella notte è morto a Torino, per un’insufficienza cardiaca, il presidente onorario della Juventus Giampiero Boniperti. Della Juventus è stato una bandiera prima da calciatore e in seguito nei quadri dirigenziali. Boniperti avrebbe compiuto 93 anni il 4 luglio e negli ultimi anni aveva condotto un vita privata non apparendo più in televisione. Famoso il suo motto: “L’importante è partecipare ma vincere è l’unica cosa che conta nel calcio”. E così fu perché nella sua lunga carriera vinse tutto, e non solo con la maglia della Juventus. I funerali si svolgeranno in forma privata per volere della sua famiglia. Per ricordarlo vi proponiamo l’intervista fatta dal nostro direttore Andrea Nocini e riportata sulla nostra testata da Matteo Scolari il 3 dicembre del 2008.
Giampiero Boniperti ha vissuto cinquant’anni di storia bianconera firmando 14 dei 26 scudetti vinti dalla società più titolata d’Italia. Cinque li ha conquistati da giocatore, nove da presidente. La Juventus, che non vantava successi in Europa, con lui al vertice ha collezionato tutti i trofei. È la bandiera della Vecchia Signora con cui (dal 1946 al 1961) ha giocato 462 partite ufficiali. In quindici campionati di serie A ha totalizzato 444 presenze e realizzato 178 gol. Ha vestito 38 volte la maglia azzurra (segnando 8 gol) partecipando ai Mondiali del Brasile nel 1950 e in Svizzera nel 1954. Il 21 ottobre 1953 è stato l’unico giocatore italiano chiamato nel Resto d’Europa ad affrontare l’Inghilterra: e a Wembley quel giorno ha segnato due gol. Dopo 24 anni da dirigente (venti come presidente, quattro come amministratore delegato) nel 1994 ha lasciato la Juve, di cui rimane presidente onorario. Nel 1994 è stato eletto al Parlamento Europeo. Giampiero Boniperti vive a Torino ed è sposato con la signora Rosi, ha tre figli e cinque nipoti…
Giampiero Boniperti appartiene ancora a quel calcio che era fatto di dribbling, mentre adesso si parla apertamente di calcio-marketing? «Il calcio è cambiato, è diventato molto più commerciale. Ai miei tempi eravamo attaccati alla maglia, alla squadra. Era uno sport più naturale, ora sembra artificiale. Io ho giocato nella Juventus, sono ed ero un grande tifoso della Vecchia Signora. Ho ottenuto dei risultati importanti, ho girato il mondo, vincendo trofei…sono contentissimo della mia carriera..». Qual è lo scudetto che l’ha fatta più emozionare? «Il primo, il primo è sempre il più bello. Poi ho avuto la fortuna di vincerne altre tredici da giocatore e da dirigente societario, e poi abbiamo vinto anche in campo internazionale».
Ci sarà stato un giocatore che è piaciuto, in ambito nazionale, ma anche internazionale, a un fascinoso come Giampiero Boniperti? «Io ho cominciato nel 1946, ho visto tantissimi grandi del pallone. Dovrei fare una lista molto lunga. Direi che all’inizio della mia carriera c’erano due giocatori straordinari: Valentino Mazzola del Torino e Carlo Parola della Juventus, due grandi personaggi e due uomini eccezionali. E poi via via i vari Garrincia, Maradona, Pelè, Charles, Sivori…quando giocano bene sono tutti grandi, formidabili…». Il calcio vostro era ancora più bello, leggiadro, poetico, perché non c’era la televisione, è vero? «Sì, la televisione ci ha creato qualche problema: ci si picchiava con più naturalezza, senza fare scena. Era tutto un po’ spartano, più puro». Quale era il suo il punto di forza, il suo colpo da maestro? «Ero un grosso colpitore. Facevo cantare la palla come si dice in gergo. La facevo suonare, si sentiva da lontano quando partiva un mio tiro. Ho avuto la fortuna di aver fatto 180 gol in campionato».
Il più importante o il più bello? «A Wembley contro gli inglesi: sono stato scelto per rappresentare l’Europa contro l’Inghilterra. A quel tempo gli inglesi dominavano il mondo e ogni tre quattro anni organizzavano una partita amichevole per dimostrare la loro forza. Vedere il loro portiere piegarsi due volte per raccogliere due miei palloni in rete è una soddisfazione che non potrò mai dimenticare». E lo scudetto da dirigente? «Ricordo il gol di Cuccureddu a Roma, il 2 a 1 contro i giallorossi, che voleva dire scudetto, era il 1972-73». C’è un giocatore che per caratteristiche si è avvicinato o si avvicina a Boniperti? «Ognuno ha le proprie qualità. È difficile fare dei paragoni. Potremmo dire che uno è biondo come Mazzola e bruno come Parola…ma, a parte gli scherzi, quando un atleta è considerato un buon giocatore è perché ha un insieme di qualità che lo rendono speciale». Se le dico Gaetano Scirea… «Un ricordo indimenticabile per la persona che era prima di tutto. Sarebbe stato ancora alla Juventus come dirigente. Aveva un’immagine molto marcata, diversa da tanti altri, unica». Cose le mancava da calciatore? «Non avevo il colpo di testa per esempio. Una volta i palloni pesavano dieci chili, non erano leggeri come quelli di oggi. I miei compagni prendevano delle zuccate. A me non piaceva tanto colpire di testa, rimanevo rintronato».
John Charles, il gigante buono? «Un ragazzo straordinario. Pensi che era stato campione europeo dei pesi massimi quando fece il militare, però dava un pugno al palo, non diede mai un colpo proibito a un avversario. A volte faceva rabbia perché non voleva difendersi. Era uno dei giocatori più belli, più interessanti, splendido da vedere, pulito, non faceva un fallo che potesse far male». Bruno Nicolè, un mio grande amico? «È stato un grande, giocava vicino a me. E mi ricordo una volta a Padova, aveva la palla Stacchini sulla sinistra e lui era al mio fianco e non si decideva a partire. E io gli dicevo “Bruno vai vai”…Stacchini gli diede palla e lui andò in rete. Mi disse che avevo avuto ragione». Un’autorete di Giampiero Boniperti? «Calcisticamente no, nella vita ho fatto anch’io i miei bei errori. Ho preso delle multe perché mi sono comportato male, perché ho bisticciato, ma io bisticciavo più per difendere i miei compagni, perché io mi sapevo difendere da solo senza fare gesti eclatanti. Ho difeso un Muccinelli che era un mio amico carissimo, era piccolo, era veloce e veniva bastonato ogni volta perché era rapido, come lo toccavano finiva in pista, fuori dal campo».
La redazione di www.pianeta-calcio.it