lunedì, 25 Novembre 2024

Oggi

Le parole del mister-psicologo Filippo Nocini: “Si tornerà a giocare ma nei tempi giusti”.

E’ a diretto contatto con il CoronaVirus il dottor Filippo Nocini, psicologo presso l’ospedale “Carlo Poma”di Mantova. Classe 1965, ha giocato come forte centrocampista “sette Polmoni” nella Berretti del Verona allora allenata da mister Germano Pistori oggi direttore sportivo del Croz Zai. Cresciuto nella Virtus, con allora come presidente il dott. Sinibaldo Nocini, suo padre, stimato cardiologo e medico sportivo dei celebri campioni di atletica Pietro Mennea e Sara Simeoni e l’ex campionessa di tennis Raffaella Raggi. Atleti conosciuti dall’ex massimo dirigente virtussino in occasione dei Giochi del Mediterraneo di Spalato 1979 e di Casablanca 1984. Abbiamo chiesto a Filippo – fratello del nostro direttore responsabile di pianeta-calcio.it Andrea -, di raccontarci eventuali problemi emotivi che possono andare incontro i giocatori del nostro calcio, costretti dal CoronaVirus ad allenarsi e a stare a casa. “La situazione, qui a Mantova, non è delle migliori. Anche qui, si vive la situazione dell’emergenza da Covid-19. Molti medici sono stati spostati per dare una mano ai colleghi al fine di curare i pazienti ricoverati e colpiti dal virus. Loro sono chiamati a vivere una situazione emotiva mai vista prima. Spesso, quando rientrano nelle loro abitazioni, non riescono a scaricare le proprie tensioni accumulate in terapia intensiva o in reparto. Serve un aiuto psicologico che noi diamo. Stiamo affrontando una battaglia contro un virus che non conosciamo. Dobbiamo stare tutti uniti, seguire le disposizioni impartite dal Ministero della Sanità, e vedrete che ne usciremo!”

Serve, quindi, un messaggio positivo dott. Nocini? “Direi proprio di sì. Non dobbiamo abbassare le nostre difese immunitarie che abbiamo dentro. Cancellare i pensieri di catastrofe del tipo: come ne usciremo? Non ci sono cure che tengano, se usciamo, ci contagiano. Ma, pensare che se utilizziamo la nostra mascherina ed i guanti e rispettiamo le misure date dal Governo, possiamo vivere la nostra vita di tutti i giorni. “Certo” continua lo psicologo “non è facile, in un modo o nell’altro, la vita è cambiata per tutti. Non siamo mai stati, tranne noi dottori, abituati ad usare guanti e mascherina. Ma, il fatto stesso di pensare che troveremo prestissimo la cura giusta per debellare il CoronaVirus, ci aiuta in questa sorta di combattimento psicologico, di tensioni. I laboratori stanno lavorando giorno e notte per trovare la cura. Cerchiamo di essere non catastrofisti, ma stiamo positivi, mantenendo quel sorriso che ci fa rendere la vita ogni giorno più bella, davanti anche alle difficoltà!”

Lei, a gennaio di quest’anno, ha conseguito il patentino “Uefa C” di allenatore: la passione per il calcio quindi non e mai passata? “Non è mai tramontata (ride divertito), poter allenare le giovani leve è sempre bello. Lo trovo molto divertente e mi fa ricordare i tempi quando ancora io giocavo. Il nostro ruolo è importantissimo. Oggi un allenatore è quasi un secondo padre. Deve formare ed educare. Giocare al calcio ti fa fare collante con i compagni e capire che la tua bravura può essere messa a disposizione della squadra. Vedere crescere questi ragazzi ti riempie di responsabilità e di orgoglio”.

I nostri giocatori oggi sono quasi agli “arresti domiciliari”, possono uscire solo in caso di necessità. A che cosa vanno incontro dal punto di vista emotivo? “Non vedere i compagni e non praticare una vita intensa, con tre o quattro allenamenti settimanali, per i nostri dilettanti non è facile. Ma possono allenarsi a casa in altra maniera e scoprire dentro di sé delle doti e delle risorse psicologiche che prima non sapevano di avere. In questo caso, il sentirsi con il telefonino e con le chat può essere molto positivo. Pensare che tutte queste energie, prima o poi, le potranno mettere di nuovo in campo, li può caricare moltissimo!Nel nostro caso, quello dei calciatori dilettantistici, non vedo il rischio che possano andare incontro a grossi problemi di sorta. Anzi, questa dura quarantena può essere vista come un’opportunità di crescere ancora di più e sapere meglio affrontare le difficoltà nella vita. Possono leggere dei libri oppure imparare meglio a cucinare, studiare o ascoltare musica o guardare in tv le loro serie preferite, dare una mano in casa a cucinare o a riassettare la casa. Penso, invece, ai professionisti tipo quelli di serie C costretti a stare a casa e a non subire il ritmo settimanale della partita. Per loro il calcio è un lavoro. Non sono dilettanti. In questo segmento sportivo, mi riferisco alla Serie C, i pensieri sono veramente diversi. C’è in ballo il loro futuro, in bilico la loro principale occupazione”.

Dottore, secondo lei si ritornerà a giocare? “Sarebbe auspicabile, ma dobbiamo ancora stare attenti al virus, non abbassare la guardia delle massime e scrupolose attenzioni-precauzioni! A maggio ci sarà l’apertura ma a scaglioni nelle diverse Regioni d’Italia. Dobbiamo convivere con il virus, ma dovrà pure andarsene all’improvviso, come all’improvviso è arrivato. Restiamo con i nervi ben saldi! Si vede già una piccola luce in fondo al tunnel. Siamo speranzosi perché dopo la tempesta spunta sempre il sole. Il sole della vita. Il calcio arriverà di nuovo ma nei tempi giusti”.

Roberto Pintore per www.pianeta-calcio.it

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