Inclusione, educazione e tanta passione sono gli ingredienti giusti dei nostri settori giovanili. Non credete che ci siano troppi genitori che si aspettano troppo dai loro figli sui campi di calcio e che vedono in loro i “futuri campioni”? Non si insegna più che la sconfitta fa parte nella vita così come nel calcio? Ascoltiamo alcune risposte dal mondo dei nostri dilettanti. Marco Aroldi, mister del Quaderni attuale capolista del girone A di Prima categoria, risponde: “L’educazione nel calcio e nella vita va di pari passo con la nostra cultura. Se da una parte l’ambizione è importante, dall’altra bisogna capire che non tutti i nostri ragazzi sono dei campioni. Quanti ragazzi arrivano in serie A? Si contano su una mano. Meditiamo gente! I genitori nell’organizzazione di una squadra o nello spogliatoio non devono entrare. Ci pensano gli allenatori a dare le direttive. Però dico anche che non esiste persona più obiettiva del proprio figlio come il genitore. Bisognerebbe trovare il giusto compromesso ma so che non è facile. Chiudo dicendo che ognuno deve rispettare il proprio ruolo. In campo è l’allenatore che gestisce i ragazzi, fuori sono i genitori”. Luca Pizzini, giocatore e tecnico del Calmasino, dice: “Ho un figlio che gioca nei Pulcini del Bussolengo e quando vado a vederlo mi metto sempre da parte, in un angolo della tribuna, per non sentire i commenti degli altri genitori. Sento dire da loro delle robe assurde. Perdere non fa piacere a nessuno ma per i nostri ragazzi è salutare e gli aiuta nella crescita”. Dice Claudio Fidilio, presidente della sezione Aia di Verona: “I genitori vedono nei figli i campioni che magari loro non sono stati e non sono. Manca l’accettazione della sconfitta quindi i genitori e gli allenatori devono insegnarla ai loro ragazzi. Le più belle vittorie passano da delle amare sconfitte”.
Daniele Recheinbach, vice presidente degli allenatori di Verona, dice: “La priorità, secondo il mio punto di vista, è far scegliere al proprio figlio lo sport che gli piace di più senza imporglielo. A questo punto però non è facile per i genitori, che dovrebbero scegliere accuratamente quale società proponga il giusto mix . Magari portano i figli nella società vicino a casa, per problemi logistici, ma questo non vuol dire che sia la scelta corretta. Penso che in futuro ci saranno sempre meno società e che le società dovranno avere strutture, servizi extra sport e allenatori con buone competenze. Sono del parere che i genitori dovrebbero fare solo i genitori evitando di cercare di voler prendere il posto degli allenatori, magari, quando c’è la partita, dovrebbero fare come me. Mio figlio ha scelto di giocare a basket ed io quasi mai vado a vedere le sue partite: primo perché così si concentra solo sulla partita e non sul fatto che deve far vedere al padre come sta giocando, secondo così evito di fare il tifoso-hooligans”. Gli fa eco Riccardo Allegretti, tecnico della Clivense di serie D: “Lo sport è di tutti, il calcio è di tutti ma non per tutti, se è visto come un lavoro. I bambini hanno il diritto di divertirsi e di giocare a calcio spensierati, i genitori hanno il dovere di pretendere che lo facciano con impegno e che una volta finito abbiano il sorriso, anche quando perdono”.
Mister Matteo Zanotti, ex Life F.C. 1929, dice: “Bisogna insegnare ai nostri ragazzi ad imparare a crescere e che dopo una sconfitta ci si può subito rialzare e diventare più forti di prima. I talenti nello sport sono pochissimi. Per arrivare a giocare nel professionismo serve tanta roba: spiccate caratteristiche tecniche e tattiche, spirito di sacrificio, adattabilità alle circostanze, entusiasmo da vendere e forte tempra caratteriale. Ma siamo sicuri che i nostri giovani, futuro campioni per molti genitori, abbiamo dentro di loro queste qualità? Io lo dubito. Mi fa molto male vedere partite nei nostri campionati giovanili che finiscono magari 18 a 0 o giù di lì. Questo non va bene. Ci vuole più etica e più rispetto degli avversari da parte delle nostre società”. Il talent scout della Lucchese Caio Ferrarese dice: “Sono sempre le stesse cose, il problema nel calcio spesso sono i genitori dei nostri giovani che hanno troppe aspettative. Molti di loro pensano di avere in casa un futuro campione e questa cosa non va per niente bene. Dove è finito il puro divertimento nel calcio? Chi ha le qualità per emergere viene fuori in maniera spontanea. I ragazzi devono fare gruppo con i compagni di squadra per crescere tutti insieme. Ognuno, ma ammetto che non è facile, deve stare nel suo ambito, genitori compresi”. Infine un bel gesto accaduto in un torneo giovanile. L’arbitro ha abbracciato un giovane portiere che dopo aver causato un calcio di rigore si era accasciato a terra amareggiato a piangere. La crescita nel calcio si vede anche da questi piccoli gesti.
Roberto Pintore per www.pianeta-calcio.it