Entrambi sono immersi nella realtà-calcio del loro paese – Bevilacqua, nell’estremo Veronese, a un tiro di schioppo dalla padovana Montagnana -, dove vivono di lavoro (imprenditori metalmeccanici), famiglia e fubàl. Parliamo dei fratelli Coraini, Matteo, classe 1972, e Fabio, classe 1973 (che ha conseguito il diploma di Ragioniere a Este assieme a un certo Alessandro Del Piero), una vita a prendere a calci il pallone con la casacca de “La Cremonese della Bassa”, il Bevilacqua Calcio. E, poi, per non perdere il “magico vizio” con il gioco più bello del mondo, eccoli allenatori-allevatori delle più giovani risorse, dei più promettenti germogli grigio-rossi del presidente Marco Calonego. Chi meglio di loro due può fotografare una situazione che il Covid-19, qui più che in altre parti del Veronese, sta minando alle radici il calcio non di periferia, ma dell’estrema bassa veronese, dove non è mai stato così semplice reperire materiale umano? Quello che è ancora in corso, e non è ancora stato surgelato, è il 3° anno di fila che vede Matteo coach dei giovani grigio-rossi, patentato Uefa “B”, ora Juniores Regionali. Matteo collabora anche come secondo con il mister della Prima squadra, il polesano Antonio Marini: “Noi Juniores non ci siamo mai fermati, cercando sempre di rispettare rigorosamente le regole contemplate nel protocollo sanitario. Abbiamo svolto sempre il lavoro sul campo, curando l’aspetto tecnico che normalmente nell’arco di un’annata viene trascurato, e cercando di stimolare più la testa che il fisico. Ora, con l’imperversare del Covid-19, l’ora e mezza è più uno svago mentale rispetto a quello che si faceva durante la stagione, dove invece prevaleva, si dava la precedenza all’aspetto fisico, tecnico e tattico”.
“Ora” continua Matteo “si cerca di far divertire il ragazzo, di renderlo più partecipe a quello che si propone in quanto quello che ora possiamo imbastire durante la seduta atletica è poco, e mancano le dinamiche che ti portano a essere decisivamente stimolanti per la gara del sabato, che oggi non esiste”. Avete accusato assenze nel gruppo? “Il fatto di non poter esserci la gara ufficiale al sabato pomeriggio fa scadere gli stimoli a venire al campo, raffredda la voglia e la capacità di sostenere quei sacrifici che poi ti ritrovi utili durante la partita del campionato. Secondo il mio parere, stiamo perdendo il 10%, forse qualcosa di più, di ragazzi e lo stop and go a poi di nuovo lo stop ai vari Tornei svuota nei ragazzi la loro voglia di venire ad allenarsi. E, sono convinto, che il Covid-19 abbia prodotto un danno non solo per noi, ma per tutto il nostro calcio. Noi del Bevilacqua calcio siamo una delle poche società della Bassa veronese che ha continuato ad allenarsi, almeno da quello che ho avvertito incrociando, sentendomi con altri miei colleghi”. Un figlio – Mattia, classe 2002, centrocampista avanzato, mezz’ala -, pilastro degli Juniores Regionali guidati da papà Matteo: “Finora, penso di essere stato capace di scindere la figura di padre con quella di allenatore. A volte, questo è vero, ma credo anche normale, pretendo più da Mattia che dagli altri miei giocatori. E’ con me dai Giovanissimi e la gioia personale è aver riscontrato che nessuno dei suoi compagni ha fino ad ora riscontrato una mia preferenza su Mattia. A casa? Si parla di calcio in maniera generale, non si tocca mai il singolo atleta né si spulcia né si evidenzia l’errore commesso al sabato: l’analisi viene rimandata al martedì dentro lo spogliatoio, nostro “fortino”, dal quale non deve trapelare niente”.
Quando si riprenderà a fare del calcio vero? “La sensazione è che la stagione 2020-21 sia giunta al termine, anche se si avverte che si stanno cercando tutte le vie per ripartire e salvare l’annata. Ma, attenzione: a settembre, bisognerebbe ripartire, a qualsiasi costo!” Anche Fabio Coraini, trainer degli Allievi Provinciali del Bevilacqua Calcio, ha un figlio nella truppa: è Enrico, classe 2005. “L’assenza dei ragazzi al campo è causato dal fatto che molti genitori incutono in loro la paura del contagio che potrebbero trasmettere ai nonni, ai familiari una volta rientrati a casa dall’allenamento. Poi, fare calcio con l’obbligo del distanziamento sociale non è vero calcio. Il compito principale di noi allenatori è quello di tenere alto il morale, di stimolare l’attenzione dei giocatori, al fine di non rendere l’oretta che trascorriamo assieme monotona. L’individualità, nell’ambito della seduta atletica, comprende tecnica e preparazione atletica. Tutti gli altri aspetti, ora come ora, nell’epoca del Covid-19, bisogna tralasciarli o farli in altre forme. A settembre bisogna per forza ripartire, altrimenti i nostri ragazzi rischiano di perdere due anni di calcio, anni delicati per la loro formazione ed apprendimento calcistico, Tornei basati anche sul confronto con altre scuole, modo di interpretare il calcio veronesi e non. Lo stop provocato dall’interruzione può rivelarsi davvero dannosa, non solo perché può portare il ragazzo ad abbandonare il calcio in maniera più o meno definitiva, ma perché nella fascia centrale – quella tra i 14-15 e i 16-17 anni – recita la sua parte anche lo sviluppo fisico, la crescita della personalità, il confronto con il proprio coetaneo. E, i danni, come quando accusi traumi, li calcoli non adesso, bensì più avanti!”
Andrea Nocini per www.pianeta-calcio.it