venerdì, 25 Aprile 2025
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Mister Marco Burato (Albaronco) suggerisce i 7 cambi e confida nel ritorno in campo a marzo

Non ne può più neanche lui – l’attuale mister e filosofo dell’Albaronco, il belfiorese Marco Burato, classe 1963 (14 giugno), nella vita di tutti i giorni bancario – alla pari di tutti gli appassionati del nostro calcio, di stare senza calcio. E, gli occhi sono puntati, fissi, incollati, inchiodati, come un pilota di Formula Uno alla partenza di un Gran Premio automobilistico, a quel semaforo, sperando che scatti il prima possibile il verde e dia finalmente il via libera alla normalità. “Che calcio mi auguro di ritrovare? Speriamo quello identico a quello lasciato, con gli allenamenti settimanali seguiti con passione e lo stesso impegno, e la cena del giovedì sera, forte collant per fare gruppo. Poi, spero di ritrovare il pubblico – anche se di una cinquantina, un centinaio – di persone, di inguaribili tifosi, di appassionati di calcio, di familiari, fidanzate ed altro”. Mister, ma questo bis di Covid-19 non ha tarpato le ali ai nostri emergenti 16-17enni? “Credo che ad uscirne tra i più danneggiati siano proprio loro in quanto questi sono anni fondamentali per lo sviluppo del loro corpo e per il processo di miglioramento del bagaglio calcistico, inteso sia dal punto di vista tecnico che tattico che associazionistico. E’ solo con il confronto, con il contatto con l’avversario o con il compagno di squadra che sviluppi, impari la cultura di qualsiasi disciplina sportiva di gruppo. E, questo sostengo, anche se la stragrande maggioranza del nostro mondo dilettantistico ha continuato ad allenarsi in privato e forzatamente in modo individuale, viste le norme sui restringimenti”.

E’ stato rilevato che la Scuola nel Veronese ha già perduto 500 studenti: accuseremo anche un fenomeno di “dispersione calcistica”? “Mi auguro che il vuoto creato dall’assenza totale di calcio giocato invogli molti a ritornare a calcare i campi, a ritrovare e a riabbracciare i compagni di squadra, ma questo, sempre ben inteso, in un clima di totale sicurezza sanitaria e di normalità. Questo vuoto so che è stato riempito da un interesse per la pesca, per le camminate, per i lavori da fare in casa. Ma, il calcio – lo sappiamo bene – è tutt’altra cosa!” Le società, come usciranno da questo secondo grave stop imposto dal Coronavirus? “Il budget di ogni club ha dovuto fare i conti, durante la prima ondata dei costi di messa a norma e di sanificazione degli impianti sportivi, oltre che sulla riduzione di aiuti da parte degli storici sponsor. La disponibilità economica, voglio dire, è sempre proporzionata ai costi che ogni stagione hai da sostenere: se parti con 50, devi mettere in conto che ne avrai 30 di igienizzazione”. I giocatori, da parte loro, dovranno accontentarsi di sensibili tagli? “Sicuramente, e la loro passione dovrebbe, dovrà prevalere il ridimensionamento dei rimborsi-spese che si spettano: i giocatori, in buona sostanza, dovranno adeguarsi a quanto una società è disposta ad offrire a loro, e, magari, desidereranno fare meno strada, opteranno per avvicinarsi a casa. Fenomeno, questo, peraltro, già verificatosi dopo la prima ondata!”

Il problema di quante nostre società riusciranno a resistere al Coronavirus si manifesterà con certezza e con numeri chiari non a marzo o ad aprile, in coincidenza con una ripresa dell’attività, ma a partire dalla prossima stagione sportiva 2021-2022… “Io sono convinto che le società che dispongono di una forte e consolidata organizzazione dimagriranno, ma non spariranno. Anzi, per me assisteremo più che a fusioni tra sodalizi, a rapporti di collaborazione nei vari Settori Giovanili e per raggiungere il numero legale di tesserati e per scongiurare la dispersione del materiale umano e per allestire compagini ancora più competitive. E’ vero anche che rischiano moltissimo di chiudere i battenti quelle società troppo legate da anni a figure, a personaggi storici, e magari con una non solida organizzazione alle spalle”.

Pochi – presi dalla gran voglia di tornare a giocare come tutti noi del resto – considerano che tornare a giocare farà aumentare l’indicatore-sensore del rischio di infortunio dei nostri ragazzi… “Io proporrei di aumentare da 5 a 7 i cambi – da fare durante l’intervallo – per evitare proprio di andare incontro agli infortuni; i quali potrebbero essere dietro all’angolo perché sono tre mesi che non ci alleniamo come si deve. Un problema – il raggiungimento della performance dell’atleta – che comunque coinvolge tutti noi dilettanti, che non risparmia nessuno”. Termine ultimo e secondo lei ideale per tornare a giocare e salvare, in qualche modo, la stagione 2020-21? “Bisognerebbe giocare quanto prima, verso i primi di marzo, non prima di esserci allenati per due buone settimane a febbraio. Parola grossa “tornare a giocare”: sì, ma nella sicurezza sanitaria. Sarebbe il primo passo anche verso il ritorno alla normalità, che ci manca da tanto, troppo tempo ormai”.

Andrea Nocini per www.pianeta-calcio.it

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