Nell’ultimo week-end di febbraio su tutti i campi di calcio è stato osservato un minuto di raccoglimento per ricordare il giovane arbitro 22enne Fabio Boninsegni, morto il sabato prima, dopo che aveva arbitrato una partita di Prima categoria allo stadio di Nocera Inferiore. Il ragazzo stava rientrando a Quarto, comune flegreo della provincia di Napoli, dove risiedeva, quando è rimasto coinvolto in un grave incidente stradale. Trasportato in gravissime condizioni all’ospedale di Caserta è in seguito deceduto. “Ciao Fabio. Continuerai a vivere nei nostri cuori e di tutti gli arbitri che inseguono il proprio sogno e coltivano la passione per l’arbitraggio”. E’ stato il messaggio affidato ai social da Roberto Ronga, presidente dell’Aia di Napoli. Ma quanti sono gli arbitri nel nostro paese? Da un dato aggiornato a giugno dell’anno scorso si calcola che ci siano 30.600 associati, di cui 1.840 donne. L’AIA (Associazione Italiana Arbitri) è stata fondata nel 1911 presso il “Ristorante Orologio” di Milano, oggi invece ha sede in via Campania n. 47 a Roma ed è attualmente guidata dal presidente Carlo Pacifici.
La sezione AIA di Verona, che ha sede presso lo Stadio Bentegodi di Verona, è presieduta da Claudio Fidilio che ogni anno, è più volte, visto che c’è sempre bisogno di arbitri, organizza dei corsi per reclutare nuovi arbitri. Per partecipare al corso bisogna avere dai 14 ai 40 di età compiuti. (Per info Claudio 347-4242558 o Valerio 347-9444225). Il 24 febbraio Giorgio Peretti è stato uno dei due assistenti dell’arbitro Chiffi nella gara di serie B Como-Parma terminata 1 a 1, Leo Posteraro ha invece diretto la sfida di serie D tra il Pont Donnaz e il Vado e Alberto Poli ha diretto Reggiana vs Venezia del campionato Primavera 2, tutti arbitri tesserati dalla sezione veronese. La parola arbitro trasformata nell’acronimo A.R.B.I.T.R.O. dove A sta per Autorevolezza, R per Regolamento, B per Briefing, I per istintività, T per training, R per Resilienza e O per ossessione (buona).
Gioco di parole, meglio di sigle, mirate a comunicare l’essenza della figura arbitrale. L’autorevolezza è fondamentale per arbitrare perché è qualcosa che ti viene riconosciuta dagli altri. Essere autoritari è l’opposto, un comportamento che mai un arbitro deve assumere sul terreno di gioco. La lettera R sta per indicare la preparazione tecnica, con la conoscenza delle regole che governano il gioco del calcio. Il briefing è il primo step, il momento che si consolida l’affiatamento del gruppo che non deve mai venire a mancare nell’arco dei novanta minuti. L’Istintività invece guida le scelte arbitrali, quando è necessario decidere in partita in una manciata di secondi. T = a training: l’arbitro è anche un atleta e per percorrere in lungo e in largo un campo di calcio serve un’adeguata preparazione fisica. Un buon arbitro deve essere anche Resiliente quando le cose non vanno per il verso giusto in campo. E’ importante la sana accettazione dell’errore, la capacità di saperlo mettere da parte affinché non infici le sue decisioni nel proseguo della partita. La O di ossessione (quella buona) è intesa come sana e grande passione per l’arbitraggio.
Arbitrare è divertente ma racchiude tanta responsabilità, sicurezza e grande serenità. Prepararsi al meglio per la partita che si va ad arbitrare è fondamentale. E’ il faro per fornire una buona prestazione, ma serve sacrificio, studio e tanto allenamento. Diceva sugli arbitri il compianto Vujadin Boskov, allenatore dello scudetto ottenuto dai blucerchiati della Sampdoria dell’era Mancini-Vialli: “Se vuoi fare una brutta figura parla con gli arbitri, scoprirai le tue debolezze di carattere”. Il famoso giornalista Gianni Brera disse: “L’arbitro è un po’ magistrato e un po’ sacerdote”. L’ex arbitro Pierluigi Collina, uno dei migliori al mondo, ha detto: “La più grossa banalità che sia mai stata detta nel calcio è che l’arbitro è quello che non si nota”. Non dimentichiamo che senza arbitro non si può giocare a calcio.
Roberto Pintore per www.pianeta-calcio.it