venerdì, 14 Marzo 2025
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Oggi

Il calciomercato di oggi guarda di più ai soldi che al blasone della società

Il calcio è sempre più malato. La droga del calcio moderno sono i soldi, i procuratori e i diritti tivù. I soldi dei cinesi qualche anno fa, i soldi dei russi qualche anno prima, i soldi degli arabi ora. L’ennesima dimostrazione che il mondo sta perdendo ogni traccia di cultura sportiva per svilupparsi nella direzione in cui circolano i capitali. Ciò che a mio parere deve preoccupare è il fatto che questa volta a trasferirsi fuori dal territorio europeo non sono solo i giocatori che, avvicinandosi al ritiro, vanno a guadagnare decine di milioni di euro l’anno e a giocare in divisioni meno competitive. Il calciomercato estivo di questa stagione dimostra che anche i top player del nostro calcio vedono l’Europa come un’area dalla quale “fuggire” per trasferirsi dove i soldi la fanno da padroni assoluti. Per dare un’idea di quanto i soldi spostino gli equilibri del calcio mondiale mi basta pensare al fatto che da quest’anno la Saudi Pro League sarà visibile in chiaro persino sui canali italiani. E non parliamo di due canali qualsiasi: Sportitalia e La7. Non di primo piano, certamente, ma neanche canali sconosciuti. Alla luce di questo, sono parecchie le domande che mi vengono in mente e che secondo me meritano un’analisi accurata e approfondita del contesto che stiamo vivendo. La prima di queste la faccio a tutti voi: se una decina di anni fa vi avessero detto che saremmo arrivati al punto di poter vedere perfino le partite del campionato arabo, ci avreste creduto o vi sareste messi a ridere? Penso che non avreste preso sul serio chi ve lo stava dicendo. La seconda domanda che mi pongo, invece, è: come siamo arrivati a questo punto, e come dobbiamo interpretare il fatto che i nostri top player vadano a giocare in squadre e in campionati apparentemente meno competitivi, preferendo il denaro alla competizione stessa?

Da dove nasce tutto questo viavai di calciatori, merchandising, diritti televisivi? Io ho provato a darmi qualche spiegazione in merito. Perché credo che analizzare le motivazioni di un determinato fenomeno aiuta ad analizzare anche l’evoluzione della società in cui viviamo. Lo sviluppo del calcio, d’altronde, è un fenomeno sociale il cui interesse ha coinvolto e coinvolge centinaia di milioni di persone. La mia impressione è che il calcio si sia ammalato da molto prima che i cinesi o i sauditi penetrassero il mondo calcistico con i loro investimenti faraonici. Anzi, questo fenomeno, che se da un lato porta soldi nei nostri Paesi, dall’altro ci priva del nostro know how e della nostra cultura sportiva, è nato proprio a causa di fattori interni al calcio europeo. Possiamo menzionarne quanti ne vogliamo: il mal di pancia di procuratori e giocatori, che chiedono per i loro assistiti e per sé stessi stipendi che non riflettono i risultati conseguiti individualmente e con i propri club; il mal di pancia dei presidenti, che cercano di scatenare delle vere e proprie aste per vendere i giocatori al prezzo più alto possibile. In sintesi, un aumento di prezzo dietro l’altro, che favorisce solamente le società più ricche e per le quali non è assolutamente un problema spendere cento milioni per un giocatore che, fatte salve le sue qualità e le buone prestazioni, non ha mai vinto nulla in carriera e non ha un palmares che giustifichi un simile investimento, neanche in prospettiva futura. A mio avviso, non è colpa degli arabi se il nostro calcio è arrivato a questo punto. È colpa dei club europei. Perché è dall’Europa che tutto comincia.

Marco Farinazzo per www.pianeta-calcio.it

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